Nel 2020 la pandemia del secolo ha condizionato a livello mondiale persone e mercati, compreso il settore del commercio elettronico. La prima considerazione che è balzata agli occhi degli analisti di settore è stato il netto aumento degli acquisti online in Italia, nella prima settimana di criticità: +81% (fonte: Nielsen). I maggiori trend di crescita riguardano i discount e i supermercati, con incremento delle vendite online tra il 15 e il 18%. Se l’aumento è stato registrato, principalmente in ambito B2C, le categorie merceologiche che hanno avuto le migliori performance hanno riguardato i beni di prima necessità ma non solo:

  • Food and grocery
  • Farmacie
  • Fai da te- bricolage -accessori per la casa
  • Home fitness
  • Cibo per animali

Il delivery, rappresentato dai brand più conosciuti in Italia, cioè Just Eat, Deliveroo e Glovo, nell’ultimo mese ha registrato aumenti nelle ricerche delle parole chiave su Google dal 50 al 75% (fonte: Google Trends), con un picco sabato 14 marzo.

Questo approccio di massa verso gli acquisti da pc o smartphone fa riflettere e rivela quello che potrebbe essere il panorama dopo la quarantena.

L’aumento della richiesta, imposto e derivato dalla necessità, porterà a una maggiore digitalizzazione, bene o male forzata, delle aziende e degli utenti italiani. Cosa ne consegue?

Se nel 2018 la percentuale delle vendite online in Italia costituiva solo il 6,5% del transato totale, online e offline, sicuramente nel primo trimestre 2020 ci aspettiamo un balzo in avanti di tale dato. La penetrazione della categoria del food in Italia nel 2018 era pari all’ 1% (fonte Osservatori.net), gestita da pochi player, con forti competenze di presenza sul territorio e di delivery specifico per il fresco. D’ora in poi ci si aspetta che gli acquisti di cibo in rete costituiscano un comparto interessante per chi vuole approcciare questo mercato, ben lungi da essere ancora saturo e birrerie convertite al socialcommerce e panetterie che ricevono ordini su WhatsApp ne sono la prova.

Chi compera online adesso lo farà anche dopo, perché ne avrà percepito la comodità e la facilità d’uso, a fronte di timori e remore, magari per la non conoscenza del meccanismo e diffidenza verso il digitale.

A chi si rivolgeranno gli utenti online? Principalmente agli ecommerce che hanno trovato presenti in questi momenti, e in parte si fidelizzeranno ad essi, perché penseranno che le aziende che erano presenti con siti propri o nei marketplace erano “avanti”, visto che hanno messo a loro disposizione prodotti e servizi che hanno costituito soluzioni al loro problema di approvvigionamento.

Lato venditori le considerazioni da fare sono queste: i retailer che non avevano attivato alcun canale online di vendita hanno guadagnato zero, sia dal punto di vista economico che di valore percepito dai propri clienti.

Le dotcom hanno continuato a lavorare come e più di prima, specialmente nei comparti interessati dalla maggiore richiesta.

Le aziende che si sono appoggiate agli aggregatori hanno potuto continuare a vendere, anche se in maniera differente, nei due principali marketplace italiani.

Se fin da subito eBay ha cercato di eliminare la vendita di mascherine e presidi chirurgici sul sito, per fronteggiare forti rincari da parte di alcuni venditori, al limite delle manovre speculative (reato penale punibile con la reclusione da sei mesi a tre anni e sanzioni da 516 a 25.822 €), dall’altra parte Amazon ha dichiarato di aver eliminato 1 milione di annunci a prezzi maggiorati, presentati come in grado di difendere dal coronavirus.

EBay anche in questa circostanza si è rivelato un valido partner presente e vicino ai suoi venditori: ha garantito che le performance dei seller non subiranno penalizzazioni, dovute alla difficile situazione dei corrieri e ha posticipato il pagamento delle fatture di 30 giorni per tutti.

Sull’altro fronte, invece, Amazon ha recentemente annunciato che bloccherà la consegna dei prodotti standard stoccati nei propri magazzini per conto dei venditori (FBA – Fulfilled by Amazon), a vantaggio del trasporto delle merci di prima necessità.

Ora, questa situazione impone la riflessione da parte degli imprenditori: la strategia di business che è stata fatta in azienda è stata impostata affidandosi in maniera totale a terzi, oppure è stata pensata con anticipo con un piano B, per gestire in autonomia e affrontare, anche grazie al lavoro agile, il commercio online?

Chi in passato pensava di non avere bisogno delle vendite via web, adesso forse ha capito che la modalità struzzo nel digital marketing lo hai lasciato a bocca asciutta.

È proprio nei momenti di tranquillità che ci si prepara alle criticità e solo coloro che dimostrano adesso di avere una chiara vision, acume, efficienza e flessibilità avranno le chances per sopravvivere alla crisi economica che ne deriverà da qui a poco.

Dal punto di vista della forza lavoro, sono stati annunciati scioperi da parte dei lavoratori di Amazon nell’hub di Piacenza per richiedere adeguamenti alle norme sanitarie dettate dal governo mentre negli USA è stata annunciata la disponibilità di 100.000 posti di lavoro in più per sopperire alle richieste tra (Forbes).

In conclusione la prospettiva sarà:

  • ci saranno più utenti interessati agli acquisti sul web, connessi e capaci di acquistare online e
  • le aziende si renderanno conto di avere bisogno di professionalità che le possano aiutare in breve tempo a convertirsi.
  • Solo le aziende digitalizzate che si apriranno al commercio elettronico e avranno studiato una strategia differenziata, potranno lavorare anche tramite smartworking (e comunque sapranno almeno che cos’è) e inizieranno o continueranno a servire i propri clienti online e ad essere trovati anche da quelli nuovi.
  • La differenza la farà chi si forma e si attiva al più presto con nuovi canali di vendita, ad esempio utilizzando i marketplace o le app già presenti, più veloci ed economici di un ecommerce proprio: in tal modo potrà colmare almeno in parte il gap che attualmente lo divide dai colleghi, già attivi nel web. Alla riapertura dei negozi fisici, questi non avranno perso tempo e non ripartiranno da zero ma godranno di un vantaggio.

Questo non è il momento di annoiarsi o incolpare della chiusura degli esercizi istituzioni o associazioni: questo è il momento per coltivare uno spirito positivo che spinga a creare e/o a migliorare la presenza online del brand, agire subito per raccogliere i frutti domani.

Condividi su

Articoli simili